Il 18 giugno al Parlamento Europeo di Bruxelles, con il voto di 503 parlamentari su 701, ha approvato l’emendamento proposto dal deputato olandese Paul Tang per mettere uno stop alla pubblicità personalizzata, una delle principali voci di profitto di colossi del web come Facebook e Google.
Insomma l’Europa continua ad alimentare mostri, i bersagli preferiti sono sempre loro: i grandi colossi del web e il loro potere. L’Europa che non riesce a costruire un’avanguardia tecnologica degna di nota, prende la via più semplice, quella del divieto, guardandosi la punta del dito dimenticando la luna.
PUBBLICITA’ PERSONALIZZATA: UN VANTAGGIO PER MOLTI O PER POCHI?
Ma che cos’è, dunque, questa temuta pubblicità personalizzata? E’ un nuovo modello pubblicitario che grazie alla profilazione (ovvero la raccolta dei dati di navigazione degli utenti) permette di visualizzare annunci più pertinenti mentre navighi su internet. Chiariamo con un esempio: supponiamo che stai prendendo in considerazione una nuova lavatrice perché il tuo vecchio elettrodomestico ti sta abbandonando. Essendo ormai il web penetrato nelle nostre vite, la prima cosa che probabilmente farai è fare una bella ricerca su Google con la parola chiave “lavatrice”. Prima di prendere una decisione definitiva, inizierai dunque a leggere recensioni, a confrontare diversi prodotti o anche valutare se la tua vecchia lavatrice possa venir riparata. Mentre farai tutto questo, Google starà raccogliendo informazioni sulla tua attività di navigazione, non tanto per venderlo a dei terroristi informatici o per far sapere a tutti i tuoi problemi con la lavatrice, ma per poterti fornire, nel giro di poco tempo, una pubblicità personalizzata con contenuti simili a quelli che ti interessano in quel preciso momento.
Dietro gli annunci che ti appariranno ci sono altri soggetti, ovvero degli inserzionisti che pagano Google per fare pubblicità ai loro prodotti. Questo processo di personalizzazione avrà dunque degli effetti, sia sul consumatore (tu), sia sull’inserzionista (l’azienda che vende lavatrici e acquista pubblicità online): tu dopo aver preso in considerazione diverse offerte arriverai ad una decisione di acquisto. L’azienda avrà raggiunto il suo target in modo più preciso (la persona che ha effettivamente bisogno di una lavatrice) con un minor dispendio di risorse e spesa pubblicitaria.
In questo senso, dunque, la raccolta dei dati di navigazione ha facilitato un processo di incontro, quello tra la persona bisognosa di una lavatrice e azienda venditrice. I tuoi dati insomma facilitano un processo commerciale. Diversamente cercheresti una lavatrice ottenendo una pubblicità di mangimi per i pesci: se sponsorizzi una bisteccheria, sarebbe controproducente e non vorresti mai mostrare il tuo annuncio a dei vegani.
Questo processo, che viene demonizzato come una pratica da orchi brutti e cattivi che ti usano per i loro sporchi interessi, coinvolge diversi soggetti (privati, aziende, affiliate marketer, consumatori). La grande rivoluzione di questo sistema di pubblicità è quello di permettere il raggiungimento dell’utente interessato con minor spreco di budget. Quello che sfugge agli occhi della piccola Europa, è quanti lavorano dietro questo processo, quanti, grazie al web, sono riusciti a trovare nuovi sbocchi commerciali ai propri prodotti, quanti hanno saputo usare il web per salvare la loro vecchia azienda o imparare un nuovo mestiere. Dietro l’advertising si muove un macrocosmo di soggetti, dalle aziende ai formatori che insegnano come usare questo canale con successo.
Facebook e Google fanno profitto? Certo, ma non perché sono orchi cattivi, ma perché sono aziende altamente tecnologiche che sanno soddisfare la propria clientela. La questione è tutta qui: soddisfazione del cliente. Cliente che se soddisfatto, ritorna, perché considera il tuo sistema più efficace di altri.
UNA NOSTRA PERSONALE ESPERIENZA CON FACEBOOK ADS
A tal proposito, cogliamo l’occasione per condividere una nostra personale esperienza con Facebook Ads in un settore molto di nicchia.
Oltre all’interesse per il web, abbiamo una vita fuori della rete nel campo culturale e artistico, compreso quello formativo. Da diversi anni organizziamo laboratori teatrali ed ogni anno, grazie al passaparola, abbiamo la fortuna di avere sempre qualche nuovo iscritto. In quest’ultimo anno abbiamo scelto di pubblicizzare la nostra attività attraverso Facebook Ads e con oltre 1000 volantini cartacei. Due settimane di pubblicità su Facebook con budget totale di appena €35 hanno attirato circa 30 persone alle lezioni prova permettendoci di far partire due classi, contro 1 sola persona portata dal volantinaggio tradizionale. Perché? Perché Facebook sa a chi mostrare gli annunci. Dunque, grazie a questo processo pubblicitario, è stato possibile portare un nicchia ristretta di persone a scoprire qualcosa di loro interesse.
Sfatiamo dunque questo mito: Facebook e Google non fanno profitti perché cattivi approfittatori, ma perché la qualità dei servizi offerti aiuta anche altri a fare profitto senza sprechi di risorse finanziarie. Dietro i profitti dei giganti del web, ci sono migliaia di operatori economici che è davvero un grosso limite non considerare.
Da consumatori, ma anche da inserzionisti, troviamo molto più funzionale e utile questo processo rispetto ad una pubblicità indifferenziata, priva di targetizzazione, dispendiosa e dispersiva. L’Europa di questo non si avvede e non sappiamo quanto in questo processo influisca la difesa del consumatore (da cosa?) e quanto la difesa di altri interessi (se la volte non arriva all’uva dice che è acerba). Un limite che rischia di essere un danno per molti.
LA TARGETIZZAZIONE NELLA VITA REALE
“Salve signora/e, il solito?”. La targetizzazione in fondo esiste anche nella vita reale. Nella vita di ogni giorno sperimentiamo esempi di targetizzazione dei prodotti, ad esempio nel rapporto tra commercianti e consumatore. Questo potrebbe essere il caso del commerciante che adatta la sua offerta di prodotti alla propria clientela, che conosce i gusti dei propri clienti offrendo soluzioni personalizzate per la fidelizzazione. O ancora il caso di un attore che, pur sentendo di avere una profonda vocazione drammatica, riscontra di ottenere più successo di pubblico lavorando nel genere comico e decide di piegare il suo repertorio alle esigenze di mercato. Un processo che nella vita reale avviene tutti i giorni, quando dici che la mortadella la vuoi tagliata sottile, quando chiedi al negoziante di non darti buste di plastica, e sarai certamente più propenso a tornare in quei negozi che assecondano i tuoi gusti senza che tu debba ricordarglieli.
I NUOVI CANALI DEL WEB: OPPORTUNITA’ PER CHI SA COGLIERLA
Spesso si sente parlare di web e e-commerce con toni negativi, soprattutto in merito alla difficoltà delle vecchie forme di commercio. Il commercio, nella sua lunga storia, si è sempre evoluto e al progresso tecnologico si sono sempre susseguiti dei cambi nel modo di fare commercio. Tuttavia non mancano delle spinte conservatrici da parte di chi, incapace di adattarsi, vorrebbe impedire al nuovo di entrare nella vita delle persone.
Eppure prima di considerare il commercio elettronico la panacea di tutti i mali, va considerato come una reale opportunità di ampliamento della propria attività. Ci sono diverse attività che stanno trovando un enorme giovamento dall’allargare i propri confini, primi fra tutti la categoria degli artigiani.
Leggiamo spesso con piacere le interviste del blog DonArtforall, sul quale spesso vengono pubblicate le testimonianze diretta di molti artigiani che si servono del web per promuovere la propria attività. La cosa di cui ci rendiamo conto è come il web stia aiutando questa categoria di lavoratori, che svolge un’attività indipendente molto coraggiosa, a vivere del proprio mestiere trovando canali di distribuzione alternativi rispetto ai classici mercatini della domenica. Piattaforme come Etsy ed Amazon Handmade costituiscono uno sbocco secondario importante (talvolta primario!), ma anche l’utilizzo di social come Instagram, che anziché distruggere la loro attività ne amplificano le possibilità di successo permettendo di far conoscere la loro unicità a un pubblico più ampio.
Forse il vecchio mondo e i suoi cittadini, l’Europa, dovrebbero decidere di fare finalmente questo salto, dal buio dei propri pregiudizi all’ignoto che verrà, prendendo coscienza del fatto che regolamentare non è sinonimo di divieto incondizionato, che il web e l’e-commerce non sono distruzione, ma modificazione e ampliamento dei canali; capire che, in un mondo che corre in avanti con grandi balzi noi camminiamo ancora una volta a passo di gambero e dovremmo, prima di venir schiacciati da America e Asia, prendere per mano i nostri timori e puntare il loro sguardo oltre il dito, a quella luna che diventa un oggetto sempre più lontano.